DEEP WEB: IL VERO CUORE DI INTERNET

Quando fai una ricerca su Google, fai una ricerca in tutto il Web. Giusto?

…Sbagliato! Anzi, sbagliatissimo!

Quello che Google, o un altro motore di ricerca, è in grado di indicizzare, e quindi restituire sotto forma di risultati di ricerca, è una parte quasi irrisoria di tutte le pagine e i contenuti che sono realmente presenti in Internet. 

Tra il 1908 e il 1913, sotto la direzione del chimico e fisico Ernest Rutherford, vennero condotti degli esperimenti che aprirono la strada alla moderna fisica nucleare. Uno degli esperimenti consisteva nel “bombardare” con raggi Alfa (radiazioni a bassa intensità) una sottile lamina d’oro per misurare il numero, l’angolo e la velocità con i quali le particelle radioattive sarebbero state riflesse. Si accorse però che solo una piccolissima parte di particelle Alfa “rimbalzava” sulla lamina d’oro, mentre tutte le altre la attraversavano senza problemi. Ne concluse che gli atomi che compongono la materia sono formati per lo più da spazio vuoto, e che il maggior volume si raccoglie addensato al centro, in uno spazio relativamente piccolo dell’atomo (il nucleo). Inizia così a prendere forma il modello atomico sul quale si svilupperà la moderna fisica nucleare.

Il ‘900 è stato il secolo in cui l’uomo ha iniziato a sondare in maniera più consapevole il mondo del non visibile, prendendo coscienza che esistono forze e mondi che, seppur invisibili alla vista, non sono meno reali di quelli che riusciamo a toccare e vedere. Il secolo breve ci ha insegnato che se una cosa non si vede, non vuol dire che non esista: al contrario, che sono proprio le cose che non si vedono quelle che influenzano in maniera più incisiva le cose che si vedono. Ma, cosa c’entra questo con il World Wide Web?

La Materia è composta in maggioranza da spazi vuoti

L’Ambiente Online è immensamente più sconfinato di quanto possa sembrare

Davanti ad un muro di mattoni non siamo di certo portati a pensare che la materia sia in larga parte composta da spazi vuoti; allo stesso modo, di fronte ai milioni di siti web che potenzialmente possiamo visitare non pensiamo che quello a cui abbiamo accesso sia solo una piccola parte di Internet. È una questione di percezione: se la sensazione di solidità e stabilità di un muro ce lo fa apparire “pieno” e impenetrabile, l’impressione di poter navigare liberamente su una moltitudine di siti web non ci fa badare al fatto che la quasi totalità di Internet è nascosta e inaccessibile al normale utente.

A differenza di quanto si crede, non è infatti scontato che chi mette online una pagina o un sito web voglia che sia accessibile a tutti gli utenti. La realtà è che, così come nel modello atomico di Rutherford, la maggior parte del contenuto presente online si concentra altrove da dove ce lo aspetteremmo, in quello che è noto come Deep Web. Questo ci porta ad un altro interrogativo: quanto è grande il Deep Web?

 

Barche, Pescherecci e Sottomarini del Web

Prima di rispondere alla precedente domanda, è utile chiedersi: dove si trova il Deep Web?

Quasi ogni navigazione in Internet inizia da un motore di ricerca. Se browser come Chrome, Firefox o Safari, con tutte le loro personalizzazioni, sono le Barche con cui ogni utente si avventura nel mare magnum del Web, il motore di ricerca è il Peschereccio che con la sua rete riesce a “pescare” tutte le pagine dei siti che si trovano vicino alla superficie. C’è da considerare però che i siti Internet qui presenti, come e-commerce, siti aziendali e quotidiani online, hanno tutto l’interesse di farsi “catturare” dalla rete del motore di ricerca, e fanno anche a gara per essere i primi ad essere pescati e offerti su quel banco del pesce che è la SERP (la pagina dei risultati di ricerca).

Se si vuole scendere più in profondità nell’Oceano di Internet, il Deep Web appunto, sono necessari strumenti appositi, come ad esempio password o indirizzi esatti dei siti web non indicizzati, quelli cioè che sfuggono alle maglie del motore di ricerca. Sotto la superficie, dove i motori di ricerca non arrivano ed esistono password per entrare, si trova il Deep Web, in cui si concentra la porzione prevalente di tutto ciò che è online.

Il Cyber-Spazio è molto più vasto di quanto appare

La parte ancora più profonda, il Dark Web, se vuole essere esplorato, necessita di strumenti più sofisticati oltre a indirizzi web e password: solo i Sottomarini possono navigare a tali profondità in relativa sicurezza, poiché questa è un’area di Internet difficilmente raggiungibile, così come i fondali oceanici.

 

I 3 livelli di profondità di Internet

Solitamente Internet viene rappresentato come un Iceberg, poiché, proprio come un Iceberg, solo una piccola parte è visibile in superficie, mentre il vero “corpo” è sommerso. Partendo da questa immagine, si è soliti dividere Internet su 3 livelli:

  • Surface Web – è il Web di Superficie, quello nel quale si naviga tutti i giorni, ed è formato da tutte quelle pagine accessibili a tutti gli utenti e che è possibile ricercare attraverso i motori di ricerca, come ad esempio le pagine dei prodotti di un e-commerce
  • Deep Web – è il Web Profondo, quello che si estende sotto la superficie e che forma la stragrande maggioranza dei contenuti presenti online; ne fanno parte tutte quelle pagine non indicizzate dai motori di ricerca e le risorse web non accessibili a tutti gli utenti perché protette da password, come ad esempio le reti private aziendali, le banche dati governative, o le pagine personali di social media, della posta elettronica, dell’home banking o dei servizi in abbonamento; questa è la parte più ampia del Web (si stima circa il 90%), che viene per lo più utilizzata come spazio di archiviazione di dati non pubblici
  • Dark Web – è il Web Oscuro, la parte più nascosta del Deep Web, quella in cui l’accesso è volutamente reso difficile; non è possibile navigare nella parte più buia di Internet con i normali browser come Chrome, Firefox o Safari, ma servono browser alternativi, di cui il più utilizzato è TOR, e motori di ricerca appositi come DuckDuckGo; nel Dark Web si trova qualsiasi tipo di informazione o servizio immaginabile (legale e illegale), compresi i mercati neri online, di cui il più celebre resta Silk Road (anche se non più attivo); il Dark Web è però anche un luogo in cui giornalisti, attivisti politici, ricercatori e utenti possono garantirsi un alto livello di privacy e libertà di pensiero, sfuggendo alle censure e alle limitazioni di governi e centri di potere

 

Come è nato e chi ha “fatto” il Dark Web?

Il Dark Web, conosciuto anche come rete Darknet, nasce grazie a un sistema di anonimato e di crittografia progettato negli anni ’90 negli Stati Uniti con il fine di proteggere comunicazioni militari e di intelligence. Per rendere quanto più sicure possibile le comunicazioni, venne ideato un meccanismo di trasmissione dati in cui ogni messaggio, prima di giungere a destinazione, passa attraverso una serie di server-nodi che aggiungono progressivamente un livello di crittografia: nessun nodo è in grado di determinare se il nodo da cui ha ricevuto il messaggio è la fonte originaria o un altro nodo intermedio attraverso cui è transitata l’informazione. Ogni nodo conosce solo la posizione dei nodi immediatamente precedenti e successivi ad esso; quindi, anche nel caso il messaggio venisse intercettato, risulterebbe estremamente difficile risalire a mittente e destinatario.

Il messaggio è così incapsulato come in una cipolla, ed ogni nodo dal quale transita stacca e aggiunge uno strato per aumentare la protezione dell’informazione. Questo meccanismo è chiamato TOR: acronimo di The Onion Routing (il percorso della cipolla). Il modello TOR, che è appunto anche un browser, non collega direttamente l’utente al sito che vuole visitare, ma ne fa rimbalzare la posizione su più nodi per rendere la connessione estremamente anonima (una sorta di VPN all’ennesima potenza). La Darknet si basa interamente sulla rete TOR (oggi gestita dalla società senza scopo di lucro “The TOR Project”) e l’omonimo browser è un esempio di “sottomarino” con il quale esplorare il Dark Web.

Una delle caratteristiche dei siti web della Darknet è che, mentre quelli “normali” finiscono in “.com” o “.it”, questi hanno tutti il suffisso “.onion” e possono essere raggiunti solo da browser particolari. Gli URL inoltre hanno nomi di dominio molto difficili da ricordare (ad esempio eajwlvm3z2lcca76.onion) e che cambiano spesso per rendere ancora più difficile il tracciamento.

Una delle singolarità del Dark Web è che risulta essere la cosa che più si avvicina al web degli esordi, quello degli anni ’90, quando si auspicava che Internet potesse essere un “luogo non luogo” totalmente libero da influenze di governi e multinazionali come lo aveva immaginato Tim Berners-Lee, colui che ha lanciato il World Wide Web dal CERN di Ginevra nel 1990.

 

Anche una buona parte fisica di Internet è in profondità

Internet è un’idea abbastanza astratta. Che cos’è Internet? Un luogo virtuale? Sì, ma non solo.

Se è possibile comprare qualcosa in un negozio online in Argentina o fare una videochiamata da Roma a Tokyo è perché esistono antenne, amplificatori di segnale, data center e… cavi sottomarini.

La connessione al cyber-spazio è infatti resa possibile da km e km di collegamenti materiali (nascosti alla vista) non differenti in linea teorica dai cavi dell’antico telegrafo. Proprio come col muro di mattoni, non si ha la totale percezione che il concreto Worl Wide Web sia in realtà altrove da quello che possiamo osservare, lontano da smartphone, pc e router, in una ragnatela di cavi a fibra ottica posti sui fondali marini e oceanici che collegano i continenti. Paradossalmente, la parte nascosta di Internet è anche fatta dall’infrastruttura fisica che ne consente il funzionamento. D’altronde, come diceva quel tale, “L’essenziale è invisibile agli occhi”.