LE ORIGINI DEL (MODERNO) DIRITTO ALL’OBLIO: LA SENTENZA GOOGLE SPAIN
“Importante è ricordare, ma ancor più importante è dimenticare” pare dicesse Rilke, poeta di lingua tedesca vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900. Poco più di un secolo dopo, basta digitare il nome di una persona navigando su Internet e in un attimo si può visualizzarne “la storia digitale”, anche le informazioni più datate.
Online tutto scorre velocemente e la maggior parte dei contenuti vengono dimenticati in breve tempo. L’organizzazione del World Wide Web però, che tende alla conservazione, e il ruolo dei motori di ricerca, che possono andare a ripescare vecchi contenuti, aumentano il rischio che una notizia/informazione possa danneggiare una persona anche a distanza di anni.
È qui che entra in gioco il Diritto all’Oblio, una sorta di strumento di autodeterminazione dell’identità digitale dell’individuo grazie al quale un soggetto può decidere cosa rendere conoscibile di sé, e cosa no. Pur non immaginando Internet, Rilke sottintendeva al fatto che non tutto ciò che accade vale la pena di essere ricordato.
IN COSA CONSISTE IL DIRITTO ALL’OBLIO
Con l’entrata in vigore nel 2018 del GDPR, la normativa europea sulla privacy, il Diritto all’Oblio è uno dei temi che ha destato più curiosità, anche forse a causa del nome altisonante. Col Diritto all’Oblio si ammette che notizie di scarso interesse e che rischiano di creare un danno ad una persona possano essere dimenticate.
È un diritto di origine dottrinale e giurisprudenziale, ciò vuol dire che ha iniziato a prendere forma nei dibattiti tra giuristi e nelle aule di tribunale prima che venisse ufficialmente riconosciuto in una legge nella sua veste definitiva. Esso è attualmente previsto all’Art. 17 del GDPR, che ha sostituito la precedente normativa in tema di protezione dei dati personali regolata dalla Direttiva 95/46 CE. Tuttavia, non è un diritto del tutto nuovo, ma piuttosto l’adattamento del più generale Diritto alla Riservatezza ai contesti dello spazio digitale.
LA SENTENZA “GOOGLE SPAIN”
Il tema dell’Oblio sul Web sale alla ribalta quando, nel 2014, la Corte di Giustizia Europea, che ha tra i suoi compiti quello di assicurare la corretta applicazione del diritto dell’Unione Europea negli Stati Membri, pronuncia la sentenza C-131/12, meglio nota come “Sentenza Google Spain”.
I tribunali nazionali dei Paesi Membri, se hanno dubbi su come interpretare una normativa dell’UE, possono rivolgersi alla Corte di Giustizia Europea per avere chiarimenti; questo procedimento prende il nome di Ricorso Pregiudiziale. La Corte di Giustizia risponde con una sentenza, o una ordinanza, a cui i tribunali nazionali sono vincolati nel giudizio.
I tribunali di alcuni Paesi Europei, tra i quali l’Italia, in realtà avevano già avuto a che fare con il tema del Diritto all’Oblio, e i giuristi ne discutevano già nei primi anni del millennio, ma la sentenza Google Spain rappresenta i nastri di partenza di un percorso giurisprudenziale che ha poi portato al riconoscimento del Diritto all’Oblio per tutti i cittadini europei tramite il GDPR nel 2018.
CHE C’ENTRA GOOGLE CON L’OBLIO
Tutto comincia nel 2010, quando il sig. Mario Costeja Gonzalez, un cittadino catalano, fa reclamo all’Agenzia Spagnola di Protezione dei Dati perché, digitando il suo nome su Google, tra i risultati di ricerca comparivano delle pagine di un quotidiano locale, risalenti al 1998, che annunciavano la vendita all’asta di alcuni suoi immobili a seguito di un pignoramento. Il sig. Gonzalez pretende:
- Che il quotidiano modifichi o elimini i suoi dati personali dall’annuncio
- Che Google faccia in modo di non far comparire quelle pagine tra i risultati di ricerca
L’Agenzia di Protezione dei Dati spagnola respinge il reclamo contro il quotidiano, ritenendo che l’editore avesse legittimamente pubblicato la notizia, ma accoglie la denuncia contro Google per ottenere la de-indicizzazione di alcuni dati personali, così da impedirne l’accesso nel futuro. Google si oppone a questa decisione, per cui il nostro sig. Gonzalez si appella ad un Tribunale Ordinario.
COSA VUOLE IL SIG. COSTEJA GONZALEZ
Il sig. Gonzales ritiene che la notizia del pignoramento, dopo oltre 10 anni dai fatti, non avesse più nessuna rilevanza per il pubblico: vuole quindi che la storia del pignoramento cadesse nell’oblio non comparendo nei risultati del motore di ricerca, in modo da rendere più difficile al pubblico l’accesso a quella informazione.
Il nodo della questione non è nella notizia in sé, legittimamente pubblicata, ma riguarda il tempo per il quale è rimasta in Rete, nella disponibilità potenziale di una moltitudine di utenti. Il pignoramento era avvenuto nel 1998, e oltre 10 anni sembra un tempo ragionevole per considerarlo un fatto non più di interesse: il sig. Gonzalez non è un personaggio pubblico, e invoca il diritto a non essere ricordato per qualcosa che non è più di nessuna rilevanza sociale.
I DUBBI DEL TRIBUNALE SPAGNOLO
Il Tribunale Spagnolo, indeciso sul da farsi, interroga la Corte di Giustizia Europea su come interpretare la Direttiva 95/46 CE relativa alla tutela dei dati personali (cioè la normativa in vigore al tempo dei fatti, poi sostituita nel 2018 dal GDPR). Una Direttiva è un atto dell’Unione Europea che stabilisce obiettivi e linee guida per i Paesi Membri; è vincolante ma lascia autonomia ai Paesi nello scegliere i mezzi e le modalità di attuazione.
Tramite Ricorso Pregiudiziale il Tribunale Spagnolo chiede alla Corte di Giustizia Europea:
- Se l’attività svolta da Google può essere considerata una attività di trattamento dei dati personali, e se di conseguenza al caso deve essere applicata la normativa europea relativa al trattamento dei dati della Direttiva 95/46 CE
- Se Google può essere considerato responsabile del trattamento dei dati personali
- Se l’affermazione del Diritto all’Oblio coinvolge soltanto le pagine web in cui sono presenti le informazioni lesive o se invece anche i risultati proposti dai motori di ricerca, con un conseguente onere di deindicizzazione da parte dei provider che offrono tali servizi
COSA RISPONDE LA CORTE DI GIUSTIZA
La Corte stabilisce che:
- I software di Google esplorano Internet in modo automatizzato e raccolgono dati ai sensi della Direttiva 95/46 CE, per poi registrarli e organizzarli con programmi di indicizzazione prima di metterli a disposizione degli utenti tramite elenchi di risultati; chiunque in questa maniera ha la possibilità di ottenere una visione completa di tutte le informazioni riguardo una persona digitandone il nome su Google
- Il lavoro di un motore di ricerca come Google, che riveste un ruolo chiave nella diffusione globale dei dati, è qualificabile come trattamento dei dati personali; di conseguenza esso risulta essere il soggetto responsabile del trattamento e, sotto richiesta di un individuo interessato, ha l’obbligo di rimuovere dai risultati di ricerca i link verso le pagine web che contengono informazioni relative a quest’ultimo
- Il Diritto alla Riservatezza del sig. Costeja Gonzalez prevale rispetto al Diritto di Informazione e ai Diritti Economici delle Imprese opposti da Google, ma si precisa che è sempre necessario fare una valutazione caso per caso, considerando come metri di giudizio il ruolo che una persona riveste nella vita pubblica, l’intensità con cui l’informazione può recare danno alla vita privata della persona, e il tempo trascorso dalla lecita pubblicazione della notizia
La Corte di Giustizia ritiene quindi meritevole di tutela la richiesta avanzata da un soggetto di non vedere “indicizzato” tra gli elenchi dei risultati delle ricerche le pagine web che presentano contenuti riguardanti la sua persona e che possono arrecargli pregiudizio nonostante sia trascorso del tempo dalla pubblicazione della notizia.
Nell’ottica della Corte, il Diritto all’Oblio che viene delineato nella Sentenza Google Spain è il diritto di un individuo di far cadere nel dimenticatoio fatti di cronaca che non sono più di interesse pubblico, rendendo più difficile l’accesso a quelle informazioni per gli utenti online. Questo si traduce in un più generale diritto di chiedere ad un motore di ricerca di dissociare il proprio nome da qualsivoglia informazione pubblicata online, purchè non sussista un preminente interesse pubblico alla conoscenza dell’informazione.
LA “VARIABILE TEMPO” SU CARTA E SUL WEB: PERCHÈ SI È RESO NECESSARIO IL DIRITTO ALL’OBLIO
Così come per la questione della Morte Digitale, la natura del Diritto all’Oblio è legata al tempo di permanenza delle informazioni personali sul Web.
Questo perché un’informazione presente in Internet ha un “ciclo vitale” decisamente più lungo rispetto alla carta stampata:
- Quotidiani e riviste hanno un tempo di vita piuttosto breve; il quotidiano, come dice già il nome, ha una fruizione giornaliera, mentre riviste e magazine hanno generalmente un ciclo di vita di un paio di mesi, non di più; quotidiani e riviste, una volta letti, finiscono nella spazzatura o, nella migliore delle ipotesi, negli archivi
- Una pagina Internet una volta messa online, può rimanere in Rete per svariati anni, anche decenni
Dal momento che Internet ha come regola la conservazione delle informazioni, si viene a creare una situazione potenziale di maggiore vulnerabilità rispetto alla carta stampata per quanto riguarda la diffusione di dati personali.
L’OBLIO PRIMA DI INTERNET
Come già accennato, il Diritto all’Oblio non è qualcosa di totalmente nuovo. Prima dell’avvento di Internet, con Diritto all’Oblio si faceva riferimento al diritto di un soggetto a non vedere ri-pubblicate notizie relative a vicende che hanno costituito fatti di cronaca ormai lontani nel tempo.
L’ambito di applicazione riguardava in larga parte vicende di cronaca riportate dai quotidiani che, dopo la legittima pubblicazione, erano solite essere conservate negli archivi e nelle biblioteche. La possibilità che una vecchia notizia di cronaca venisse ripresa a distanza di anni era piuttosto rara, in quanto sarebbe stato necessario investire una discreta quantità di tempo per cercare e recuperare la notizia. In questi esigui casi si riconosceva il Diritto all’Oblio derivante dal più generale Diritto alla Riservatezza, a meno che non ci fosse un prevalente Diritto di Cronaca se la notizia era ritenuta di interesse pubblico.
L’OBLIO DOPO INTERNET
Con Internet, le tempistiche e le risorse da impiegare per il rinvenimento di una “vecchia informazione” sono decisamente più ridotte. Ciò rende l’individuo maggiormente esposto a sguardi indesiderati, e ha obbligato la giurisprudenza a ripensare il Diritto alla Riservatezza sotto una luce nuova.
Non si tratta più di tutelare i dati personali di un soggetto da una illegittima ripubblicazione dell’informazione, quanto piuttosto da una permanenza indefinita della stessa nella Rete. Muta dunque il ruolo che gioca il tempo e muta l’esigenza che si vuole soddisfare.
Il Diritto alla Riservatezza, nella sua nuova accezione di Diritto all’Oblio, assume la veste di diritto a non essere (facilmente) trovato online, piuttosto che un vero e proprio diritto ad essere dimenticato. C’è da sottolineare inoltre che la normativa europea sulla protezione dei dati in vigore nei primi anni ’10 del 2000 è una Direttiva del 1995, di certo non pensata per affrontare i mutati scenari aperti dalla rivoluzione digitale e da un mondo in veloce cambiamento. La Corte di Giustizia Europea con la sentenza Google Spain inizia a fare pressione sulle istituzioni legislative dell’UE affinchè venga elaborata una nuova normativa comune che tuteli i dati personali anche nel World Wide Web.
IL RUOLO DEI MOTORI DI RICERCA
Il motore di ricerca è il modo principale con il quale gli utenti hanno accesso alle informazioni sul Web. L’inizio di una navigazione su Internet inizia nella quasi totalità dei casi con una ricerca su Google (almeno in Europa e USA, perché in Russia c’è Yandex e in Cina c’è Baidu).
L’impatto di Google è stato talmente dirompente da arrivare a coniare persino un verbo: googlare, che è sinonimo di cercare su Internet. I motori di ricerca giocano un ruolo fondamentale sulle possibilità degli utenti di trovare informazioni e contenuti specifici, sia facilitando e velocizzando la ricerca, sia incidendo sulla visibilità delle pagine web (come sa bene chi si occupa di SEO, cioè l’ottimizzazione sui motori di ricerca).
Non è raro infatti che notizie che erano state dimenticate vengano nuovamente diffuse e rese note. Queste notizie però possono essere incomplete o non aggiornate al tempo presente, come ad esempio nel caso di fatti giudiziari che riportano accuse o contestazioni che risultano poi infondate, ma che della loro infondatezza non viene riportata notizia, per cui essa non appare nei risultati di ricerca.
Il Diritto all’Oblio assume quindi nuova e rinvigorita importanza dal ruolo svolto dai motori di ricerca, i quali possono dare un’enorme visibilità ad una notizia che magari prima era relegata nell’archivio di un sito web. Per questo, nella Sentenza Google Spain il Diritto all’Oblio viene inteso come diritto alla de-indicizzazione dei risultati di ricerca tramite la cancellazione dei link verso un determinato sito web.
IL BILANCIAMENTO DEL DIRITTO AD ESSERE DIMENTICATI
La tutela della libertà di espressione, del diritto di cronaca e del diritto degli individui di informarsi ed essere informati devono essere valutati come elementi che limitano o escludono il Diritto all’Oblio. Come sempre accade quando dei diritti di pari grado vengono a “scontrarsi”, è necessario fare un bilanciamento dell’interesse prevalente a seconda del caso. L’Oblio è limitato se:
- Il soggetto riveste una carica pubblica
- La pubblicazione è per scopi giornalistici (in questi casi la notizia deve essere corretta, completa e aggiornata)
- C’è un preminente interesse pubblico
Anche il “fattore tempo” svolge una funzione primaria nell’applicazione dell’Oblio. Infatti, se è trascorso un notevole lasso di tempo dalla pubblicazione, l’interesse degli utenti ad informarsi può non essere più prevalente rispetto al diritto ad essere dimenticato rivendicato da un soggetto.
IL PARADOSSO DI ESSERE RICORDATI PERCHÉ SI VOLEVA ESSERE DIMENTICATI
Dopo essersi visto riconoscere il diritto ad essere dimenticato per la storia del pignoramento immobiliare, il nostro sig. Costeja Gonzalez, da cui tutto è iniziato, è stato colpito dalla proverbiale ironia della sorte.
La Sentenza Google Spain fece molto scalpore nel 2014, molti giornali ne diedero notizia e il nome del sig. Gonzales rimbalzò da un capo all’altro dell’Oceano come colui che aveva battuto Google. Se prima desiderava che la vicenda incriminata fosse lasciata cadere nel dimenticatoio, adesso non può far altro che rassegnarsi al fatto che sia diventata di pubblico dominio, e che il suo nome sia legato indissolubilmente alle vicissitudini del Diritto all’Oblio.
La sentenza C-131/12 è diventata un caso di scuola, il coperchio del Vaso di Pandora che ha contribuito a far comprendere l’importanza della tutela dei dati personali di un individuo disseminati nel Web, e per questo il nome di Mario Costeja Gonzalez non può essere dimenticato per preminente interesse pubblico (con buona pace del nostro eroe).